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Cucine d'Italia: la cucina abruzzese

Forse non esiste una vera cucina abruzzese, un modo unico di mettere la gente a tavola fra l’Aquila e Pescara, fra Sulmona e Ortona, forse dobbiamo solo parlare di una mescolanza felice di influssi e tradizioni pastorali e montane che si sono sposate con quelle marinare e costiere… in altre parole, un menu fatto di ricette abruzzesi è quanto mai vario, originale e sorprendente.

Ci sono delle cose che crescono e si coltivano quasi soltanto in terra d’Abruzzo, e che ritroveremo fra gli ingredienti delle ricette che fra poco vi racconteremo. Uno su tutti: lo zafferano (Crocus sativus), che in questa regione si coltiva sull’altopiano di Navelli. Poi ci sono i carciofi di Cupello, gli agli rossi di Sulmona, la cicerchia (Lathyrus sativus), piccolo patrimonio condiviso fra Marche, Umbria, Lazio ed Abruzzo, le lenticchie di Santo Stefano di Sessanio, capaci fare concorrenza a quelle di Castelluccio di Norcia, i peperoni dolci di Serranella e di Altino, tutti prodotti Dop e/o individuati come presidi Slow Food, ed altri ancora.

E allora proviamo ad immaginarci proprio un menu, da offrire alla virtuale platea dei nostri lettori, sempre naturalmente evidenziando ciò che ci interessa, la componente vegetale delle ricette.

Come antipasto potremmo servirvi: cozze allo zafferano, crocchette di ceci (Cicer arietinum) al forno, oppure un antipasto alla Giuliese, dove sul misto di pesce preparato con prezzemolo, limone e aglio potete cospargere una salsa verde fatta di tonno, alici, peperoni verdi e capperi (Capparis spinosa). Non confondete questa salsa con la antica salsa abruzzese, che altro non è che un pesto di prezzemolo, basilico, carote, sedano, salvia, rosmarino e sale grosso, ottimo per gli arrosti.

Dalla tradizione di Teramo e dintorni ci arriva l’idea dell’antipasto di fegatini, piuttosto simili ai crostini toscani, ma qui il fegato di pollo e di tacchino è unito ai peperoni sott’aceto (Capsicum annuum).

I primi piatti non possono che iniziare con gli spaghetti alla chitarra, fatti di semola di grano duro (Triticum turgidum ssp. durum), e conditi con sughi diversi, sempre piuttosto impegnativi (castrato, agnello, astice) e quasi sempre a base di pomodoro (Solanum lycopersicum) e peperoncino. Una valida alternativa potrebbero essere le scrippelle, anch’esse in origine teramane, e forse addirittura lasciate in eredità da qualche soldato francese nostalgico delle crepes, più di 200 anni fa.

L’elemento “vegetale” ritorna prepotente nella pasta allo sparone: “sparone” sta per “strofinaccio”, che è dove appunto viene cotto questo grosso raviolo ripieno di spinaci (Spinacia oleracea), e quindi tagliato a fette, condito con pomodoro e gratinato. Del tutto “vegetali” sono poi le “sagne e fasciul’”, le piccole lasagne servite con fagioli del genere Phaseolus e salsa di pomodoro.

Un altro piatto simbolo della regione sono gli arrosticini, che abbiamo l’obbligo di citare anche se non hanno nulla di botanico; è curioso peraltro notare che questi eccellenti spiedini di carne di pecora hanno avuto così successo che la principale sagra a loro dedicata si tiene… nella lombarda Valtellina, a Cosio. Evidentemente, anche le ricette viaggiano.

Già che siamo nei secondi, dobbiamo menzionare l’uso massiccio dello zafferano nella preparazione dello scapece, piatto tipico del litorale teatino, che fa marinare tranci di palombo o di razza dopo averli fritti in olio di olivo (Olea europaea, rigorosamente delle cultivars abruzzesi).

Molti secondi piatti abruzzesi sono fatti di carne, in omaggio alla tradizione pastorale, e perciò rivolgiamoci ai contorni: peperoni innanzitutto, il più delle volte fritti o appena scottati alla brace, e poi insalate (si usano molto cicoria ed endivia), lenticchie, carote. Piatto a sé fanno invece le patate maritate, inventate a Pescasseroli: in una pirofila si alternano strati di patate (Solanum tuberosum), formaggio pecorino e mollica di pane e si infornano con olio e prezzemolo.

A proposito di pane, ricordiamoci che l’Abruzzo è terra di pane, come dimostrano le diverse denominazioni dati ai prodotti dell’arte bianca abruzzese: pane casareccio aquilano, pagnotte di Solina, pane nobile di Guardiagrele fra gli altri.

Non è un pane ma un dolce il pan Ducale, che conobbi in un mio soggiorno all’Aquila qualche tempo fa e che ordinai a più riprese dopo il terremoto del 2009 (una mia forma di aiuto all’economia locale: intanto è buonissimo); fondamentale è la sapiente amalgama fra le mandorle e i granuli di cioccolato fondente, tutto triturato finissimo.

E le mandorle (Prunus dulcis) ricoperte di glassa sono il dolce abruzzese più esportato nel mondo: i confetti di Sulmona, o semplicemente, i confetti. Di mandorle è fatto anche il croccante, il torrone (il più apprezzato è quello di Guardiagrele), e di mandorle è fatto l’impasto del “parrozzo”, dolce tipico di Pescara, in cui si mescolano sapientemente semolino, zucchero, mandorle e bucce di arancia e di limone (a fine cottura, cioccolato fondente fuso).

Sotto Natale il nostro menu potrebbe anche offrirvi i “caggionetti”, piccoli ravioli il cui ripieno varia da zona a zona: la ricetta classica prevede mosto cotto, cacao, farina di ceci, cannella e scorze di arancia, ma ad esempio nel Teramano si preferisce usare la farina di castagne (Castanea sativa) al posto di quella di ceci, mentre fra Chieti ed Ortona si usa volentieri la marmellata di uva (presente anche nella sfogliatella di Lama dei Peligni).

Quale uva? Il vitigno di Vitis vinifera più rinomato è ovviamente il Montepulciano d’Abruzzo, che in questa terra raggiunge vette qualitative notevoli, e che vi può accompagnare per tutte le portate, dall’antipasto al dolce. Ma se volete essere certi di digerire il lauto pasto che vi ho offerto, non esitate a provare un bicchierino di Centerbe Toro, in cui ci sono davvero le tante erbe amiche dell’appennino abruzzese. Attenzione comunque: i suoi gradi alcolici sono 70…

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