Piante in viaggio

 

 Bandiere nel piatto

 

Il pacifico orticello dei guerrieri

Cucine etnografiche: la dieta dei popoli Masai

Sulla dieta dei Masai, i leggendari popoli degli altipiani del Kenya e della Tanzania, fatta da individui forti e resistenti, c’è da sfatare qualche mito; non è vero che i guerrieri di queste tribù di si nutrono esclusivamente di carne, latte e sangue, come non è più vero che i Masai siano solo nomadi e pastori (e neanche più guerrieri).

Oggi la maggior parte dei Masai vive in modo stanziale, pratica l’agricoltura, cerca di vivere in pace, e negli orticelli intorno al proprio villaggio coltiva regolarmente le piante che servono all’intera comunità da nutrimento e non solo. Quindi i Masai non stanno affatto all’opposto dei Vegani (tribù poco bellicosa, stanziale, tendenzialmente settaria, diffusa soprattutto in Europa e in Nordamerica), ma - come ovunque –integrano la loro dieta di pastori con una consistente componente di origine vegetale.

Tanto per cominciare, la dieta attuale dei Masai vede l’apporto di amidi e di zuccheri provenire essenzialmente dall’ugali, il loro piatto tipico: l’ugali, che assomiglia un po’ al porridge dei Britannici, e viene bevuto col latte, è oggi è fatto di mais (Zea mays), ma in passato, prima che il mais arrivasse dalle Americhe a monopolizzare buona parte del paesaggio colturale africano, si usavano i cereali locali, che di queste zone sono originari, in primo luogo il miglio (Panicum spp.), il sorgo (Sorghum bicolor) e forse anche l’orzo (Hordeum vulgare).

Poi ci sono le zuppe, fatte con diverse verdure, tuberi e legumi; nella alimentazione dei Masai, come è facile immaginare, gli ortaggi sono giunti in tempi diversi, alcuni sin da subito, altri almeno dopo l’impresa di Colombo, come le patate, i pomodori, i fagioli, ed ovviamente il peperoncino (quale cucina africana non ama il piccante?), e non mancano neppure il riso ed il the, asiatici ma ormai cosmopoliti (e quale popolo nel mondo non li consuma abitualmente?). Forse la specie più antica, e senza dubbio la più autoctona, è un igname, la Dioscorea abyssinica, originaria della fascia subsahariana dall’Eritrea alla Liberia, mentre le carote, gli spinaci e i cavoli (europei) testimoniano di un rapporto con le rive del Mediterraneo ormai di lunga data, così come il taro (Colocasia esculenta) e la banana ci parlano dell’Asia sudorientale.

Qualche ricetta di uso frequente: la patata dolce, Ipomea batatas (originaria del Messico), viene cotta in acqua salata, asciugata, macinata e quindi fatta rinvenire in latte fresco. Patata dolce, igname dell’Abissinia, sorgo, taro e un pizzico di sale sono gli ingredienti di un altro apprezzato porridge, simile ma non identico all’ugali.

Anche le banane (Musa paradisiaca) vanno per la maggiore: vanno raccolte immature, lessate, asciugate e infine condite con abbondante latte e burro. I Masai consumano volentieri birra, ottenuta dalla fermentazione di miglio, mais, sorgo e banane; la comprano in genere dalle tribù circostanti, ma ne producono una loro stessi: si tratta di una birra molto alcolica, fatta in casa, adatta per eventi cerimoniali, ottenuta essenzialmente dal miele, ed aromatizzata con erbe varie.

Fin qui, insomma, nulla di particolarmente originale. Ma ci sono almeno quattro specie che caratterizzano la dieta dei Masai, e che alcuni ritengono il vero segreto della “sana e robusta costituzione” di questi famosi popoli degli altipiani.

La prima à la Acacia nilotica, una Leguminosa dello stesso gruppo dell’albero da cui si ottiene la gomma arabica (Senegalia senegal): chiamata anche babul, è presente in quella vastissima area, dal clima semiarido, che va dal Senegal al Pakistan. I Masai ne usano la radice e la corteccia direttamente nelle zuppe, e la considerano qualcosa di più di una medicina, capace di dare vigore e coraggio; in effetti questa specie ha comunque proprietà terapeutiche, ed abbassa il colesterolo, prova ne sia che i Masai che smettono di consumarla quando vanno a vivere in città fanno registrare una maggior incidenza di problemi cardiocircolatori.

Un’altra pianta che non troverete nei supermercati occidentali è la Albizia anthelmintica, anch’essa una Leguminosa della famiglia delle mimose. Come suggerisce il nome latino, è un potente vermifugo; la corteccia sminuzzata o in polvere rientra fra gli aromi usati normalmente dai Masai per la cottura della carne. È interessante notare che i Masai non consumano mai insieme latte e carne, poiché ritengono che il latte non si possa mescolare in nessun modo a questa spezia, per evitare potenti diarree, e credo che abbiano ragione.

La terza è la Maesa lanceolata, una Primulacea dell’Africa tropicale, i cui frutti vengono aggiunti al latte bollito quando si è malati: più che di un alimento, si tratta dunque di una medicina, tonica e fortificante, con proprietà antiparassitarie.

L’ultima specie che vi citiamo è la Commiphora zimmermannii, una Burseracea molto affine all’albero della mirra: molte delle sue parti vengono usate come medicinali, le radici contro il morso dei serpenti, la corteccia per favorire la digestione, la linfa contro il raffreddore, le foglie in infuso come febbrifugo; anche i piccioli delle foglie vengono scaldati al fuoco ed usati contro il mal di denti.

Non so se siamo riusciti a svelare il segreto dei Masai, che comunque non stanno seduti dietro a una scrivania tutto il giorno come troppo spesso facciamo noi, ma qualche indicazione l’abbiamo data.

 

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