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 Le origini

 

Cinnamomum (genere): Le sorelle minori

La cannella è un ingrediente che abbiamo tutti in cucina: in polvere o ancora sotto forma di corteccia arrotolata, la cannella è una spezia indispensabile nella preparazione di molte nostre ricette dolci (e non solo). La cannella (o meglio come vedremo le cannelle) è ottenuta dalle specie del genere Cinnamomum, a sua volta inserito nella famiglia delle Lauraceae, la stessa dell’alloro (Laurus nobilis).

Sono due le cannelle che hanno monopolizzato il commercio delle spezie da secoli: la cannella di Ceylon (Cinnamomum verum), che invase le nostre tavole dopo l’impresa di Vasco da Gama, e la cannella cinese (Cinnamomum aromaticum), già nota ai popoli mediterranei sin dall’epoca romana. Ma sono almeno altre quattro le cannelle usate nei Paesi del Sud-est asiatico degne di nota: a queste sorelle minori dedichiamo qualche riga di approfondimento.

La prima è la cannella malese o cannella indonesiana, che nel nome mostra però l’appartenenza ad un altro Stato ancora; Cinnamomum burmanni significa in effetti “cinnamomo della Birmania”. In tutti i casi è specie diffusa in quasi tutta l’Asia sudorientale, dove viene largamente impiegata nelle ricette locali. Il posto dove più si usa la cannella malese sembra essere invece il Nordamerica: le caramelle e le gomme da masticare al “cinnamon” vendute negli USA prediligono l’aroma di questa specie a scapito delle altre due, anche perché più economica.

Non ha ancora tutto questo successo la cannella vietnamita o cannella di Saigon (Cinnamomum loureiroi), che ci arriva appunto dal Vietnam. Durante la guerra, molte coltivazioni vennero distrutte da napalm e defolianti, ma oggi è ricominciata la produzione, situata sulle montagne dell’Annam. Questa cannella ha un aroma più complesso e deciso delle sue sorelle, e non è escluso che con la globalizzazione dei trasporti ed una buona promozione pubblicitaria, qualche coraggioso imprenditore vietnamita possa introdurre a breve nei Paesi dell’Occidente questa specie e farcela apprezzare.

Un discorso analogo potrebbe valere per il Cinnamomum tamala, una cannella che vive spontanea sulle pendici meridionali dell’Himalaya. Chiamata localmente tejpat, ha una produzione agricola ristretta a poche zone situate fra India e Bengala, e per il resto viene raccolta in Natura. Nell’India del Nord se ne fa comunque un largo consumo (nel Kashmir viene usata al posto della foglia di betel), come aromatizzante ma anche per alcune sue proprietà medicinali, antispastiche ed astringenti.

Forse invece sarebbe meglio limitare il successo del Cinnamomum parthenoxylon, una specie di cannella che vive fra Cambogia, Vietnam, Malaysia, Indonesia e Filippine: il suo sfruttamento esagerato sta mettendo a rischio in alcune zone (come in Cambogia) le sue popolazioni naturali. Più che per la polvere aromatica, ricavata dalla corteccia come in tutte le cannelle, questa specie è apprezzata per il legno, dal quale si ottiene un olio pregiato, il saffrol laurel, dalle caratteristiche simili a quello ricavato dal sassafrasso, ed impiegato purtroppo nella preparazione delle metil-anfetamine (l’ecstasy).

L’ultima specie di cui parliamo non è esattamente una cannella, ma è una pianta che conosciamo tutti, per averla vista nei nostri parchi urbani o per averne annusato almeno una volta l’odore: è la canfora, quel Cinnamomum camphora da cui si estrae appunto l’olio di canfora. Originario del Giappone, ma coltivato anche altrove, come in Filippine e in Malesia, l’albero della canfora ha vissuto un parziale declino a causa della concorrenza con altri oli aromatici di sintesi, più economici (l’estrazione dell’olio dal legno della canfora è costoso e complesso).

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