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ROVO: Data di scadenza 11 ottobre

Nella sua Storia Naturale, Plinio ci fa notare che “la Natura non creò neppure i rovi perché facessero danno all’uomo. Fu così che fra essi pose le more, un alimento per gli uomini”. E inoltre il grande studioso dell’antichità ci consiglia di usare i frutti di questo comunissimo arbusto per guarire dal veleno dei serpenti più letali e dal morso degli scorpioni.

A dire il vero, il rovo non ha queste eccezionali proprietà terapeutiche descritte da Plinio e da molti suoi successori del Medioevo e del Rinascimento, ma che sia pianta medicinale è fuor di dubbio: lo sciroppo dei frutti è un ottimo rinfrescante nei casi di colite; il decotto di more è un efficace astringente, anche per uso esterno, come lozione per il viso e come gargarismi contro le affezioni della bocca; le foglie, raccolte fra la primavera e l’estate, sono poste su ferite, piaghe infette e foruncoli, di cui abbreviano la guarigione; e i frutti freschi, ricchi di tannini, sono diuretici, oltre che nutrienti e vitaminici.

Sono molte le specie del genere Rubus (famiglia Rosaceae) che noi chiamiamo rovo. Il rovo più diffuso nella nostra Penisola è il Rubus ulmifolius, che si trova - anche troppo di frequente, secondo alcuni - nel sottobosco intricato e cespuglioso, nelle macchie e nei luoghi incolti e nelle siepi.

È un arbusto col fusto legnoso e pruinoso, cioè ricoperto da una cera biancastra. Le foglie sono composte da cinque foglioline ellittiche od ovate e bruscamente acuminate, con la base un poco asimmetrica (come si nota nelle foglie dell’olmo); il margine è doppiamente seghettato. I fiori hanno cinque petali bianchi o rosa e sono riuniti in piccole infiorescenze. I frutti sono in realtà infruttescenze chiamate more, succose e saporite, dapprima verdi, poi rossatre, e infine nere e lucenti.

Ma quando raccogliere le more? Non dopo l’11 di ottobre, giorno in cui, secondo la leggenda, Satana fu cacciato dal Cielo e cadde sulla Terra precipitando su un cespuglio di rovi. Come prevedibile Satana, già irascibile di suo, se la prese con il rovo maledicendolo, e così dopo quella data le more non si possono più raccogliere perché marciscono e si ricoprono di muffa.

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