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ALBERO DEI ROSARI: Atti di devozione

Si crede in genere che dire il rosario sia un atto di devozione tipico della religione cattolica: si recita una fila di preghiere, tenendo in mano una collanina fatta di grani disposti in serie (nove tutti uguali ed il decimo di forma diversa, in modo da poterlo sentire anche al buio). Tuttavia ho visto il rosario anche in mano a persone non cattoliche, e neppure cristiane. In attesa di appurare la questione, potrei parlare di una bella pianta nota appunto come albero dei rosari, la Melia azedarach: dalla tarda estate e per tutto l’inverno i suoi frutti pendono dalla cima dei rami dove già ricordano le collane dei rosari.

Quest’albero ha fin troppi altri nomi: è noto anche come fiore del Paradiso, albero santo, falso sicomoro, o semplicemente azedarach, un nome di chiara derivazione araba; poiché la specie è originaria del Sudest asiatico, eviterei le denominazioni improprie di giglio delle Antille o di giglio d’Africa che a volte si trovano in giro, scegliendo piuttosto quelle di “pride of India” (orgoglio dell’India) o di “China berry tree” (albero delle bacche cinesi).

Elegante albero ornamentale, a foglie caduche, dalla chioma che raggiunge i 20 m, la Melia azedarach ha corteccia grigiastra, dai solchi longitudinali con l’età, e rametti vellutati. Le foglie, ad inserzione opposta sul fusto, sono portate da un lungo e robusto picciolo; hanno lamina imparipennata, composta da 5-7 foglioline a loro volta pennate o bipennate, a margine dentato. Nel complesso una foglia è lunga fino a 40-60 cm, glabra, di colore verde, più scuro nella pagina superiore. Le infiorescenze, a pannocchia composta, sono fatte di fiorellini porporini, a 5-6 petali, molto profumati. Danno origine a drupe glabre, carnose con la parte interna legnosa, che contiene alcuni semi neri.

La parte carnosa, piuttosto sottile, del frutto dissecca velocemente, corrugandosi un poco e virando di colore, dal giallo intenso al quasi bianco: le drupe, ormai ridotte al solo nocciolo, sono allora pronte per la fabbricazione dei rosari, un uso consueto prima che inventassero le materie plastiche.

I frutti sono abbastanza tossici per noi (ma non per gli uccelli), per cui se ne sconsiglia l’uso; nella antica medicina araba troviamo comunque indicazioni, riferite soprattutto a foglie e corteccia, nella cura degli stati febbrili e delle astenie.

In commercio il suo legno, di non grande pregio, va sotto il nome di cedro bianco, ma con i cedri, che sono Pinaceae, non ha nulla a che fare: è una Meliacea, e nelle Meliaceae compare ad esempio il mogano. La pianta contiene inoltre azadiractina, la stessa sostanza che si trova nel neem, la Azadirachta indica (identica famiglia), e che ha la capacità di allontanare gli insetti: il suo legno resiste infatti agli attacchi delle termiti.

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