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Sconsigliate ai diabetici

Tema (industria): Le piante da zucchero

Per secoli, se non addirittura millenni, il dolcificante per eccellenza dei nostri cibi fu il miele, adoperato dai popoli del Mediterraneo in numerosissime ricette. Talvolta, l’effetto dolce veniva sostituito dai frutti secchi e sminuzzati della palma da dattero (nei posti più caldi), della vite (uva passita) o del susino.

Lo zucchero era ancora di là da venire. E furono gli Arabi a farci conoscere lo zucchero, che era lo zucchero di canna, ottenuto dal Saccharum officinarum: pianta originaria dell’Indonesia, che gli Arabi provarono a piantare anche sulle rive del Mediterraneo (ci riuscirono, con qualche difficoltà per via del clima non abbastanza piovoso, nella Spagna del Sud e in Sicilia); tuttavia lo zucchero di canna fu a lungo considerato un vezzo per gourmet, o addirittura venduto come medicina: non è un caso che infatti che il nome specifico della pianta sia “officinarum”, vale a dire “delle farmacie”.

Solo alla fine del XVIII secolo si riuscì ad ottenere zucchero da una banale pianta europea, la bietola (Beta vulgaris), coltivata da millenni come pianta da foraggio. Dopo che, nel 1747, il chimico prussiano Andreas Sigismund Marggraf aveva dimostrato che i cristalli dal sapore dolce ricavati dal succo di barbabietola erano gli stessi della canna da zucchero, nel 1801 il suo allievo, Franz Karl Achard, iniziò la produzione industriale dello zucchero “europeo”, aprendo la prima fabbrica a Cunern, nella Bassa Slesia (oggi in Polonia). Le guerre napoleoniche, che si combattevano non solo a colpi di moschetto ma anche a colpi di embargo, facilitarono il successo dello zucchero di barbabietola, quando nella maggior parte d’Europa venne a mancare lo zucchero di canna.

Negli altri continenti, il problema della dolcificazione era stato risolto già in altre maniere. In Nordamerica, nelle regioni nordorientali, ci si serviva della dolce linfa dell’acero da zucchero (Acer saccharum). In molte regioni tropicali, sono le palme a dare il miglior dolcificante naturale: si pensi al cocco (Cocos nucifera), alle palme da dattero, o alla Arenga pinnata, una specie dell’Asia sudorientale chiamata proprio palma da zucchero.

Quando si dice “zucchero”, comunque, si intende chimicamente il saccarosio, una molecola composta da due monomeri, il glucosio ed il fruttosio. Il saccarosio è sconsigliato ai diabetici. Altra cosa è invece definire il sapore zuccherino degli alimenti, che può essere dato alle nostre papille gustative da una grande quantità di altri composti, a partire dagli zuccheri della frutta. Questa precisazione ha senso soprattutto oggi che siamo invasi da un dolcificante naturale ottenuto dalla Stevia rebaudiana, una pianta originaria del Paraguay. Sono i principi attivi ottenuti dalla stevia, lo stevioside ed il rebaudioside, ad essere inseriti nei prodotti reclamizzati come “senza zucchero”, e quindi – sempre secondo la pubblicità - dietetici. La stevia era un dolcificante noto ed apprezzato da millenni dalle popolazioni sudamericane dei Guaranì, ma oggi, grazie alla diffusione di certe bevande, è forse una delle piante che stanno viaggiando di più al mondo.

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