Piante in viaggio

 

 Piante in tema

 

La strada verde per la longevità (2)

Tema (medicina): la medicina ayurvedica (seconda parte)

Non posso riportare l’elenco di tutte le specie usate nella pratiche ayurvediche: sono davvero tante. Mi limiterò perciò ad alcune piante, fra le più signifificative e ricorrenti, scegliendo soprattutto quelle specie che fanno certamente parte della flora originaria dell’India.

La Valeriana jatamansi, o Nardostachys jatamansi, viene usata nel trattamento di sindromi nervose convulsive: è pur sempre una valeriana, utile anche per regolare i cicli mestruali e lenirne l’eventuale dolore. Per alleviare il dolore, anche il Celastrus paniculatus (in inglese “staff-tree”, in medicina ayurvedica “jyotishmati” o “malkangani”), è considerato un rimedio eccellente.

Si comprende bene il motivo per cui l’ashwagandha (Withania Somnifera) è da noi noto come ginseng indiano: è un potente adattogeno, che secondo la dottrina ayurvedica “aiuta mente e corpo” contro lo stress. E in più si fanno sogni piacevoli.

Può certamente causare stress la propria obesità, ma per quella il rimedio ayurvedico sicuro è la punarnava 
(Boerhavia diffusa), utile anche in caso di idropisia, ascite, edemi e pleuriti.

Ottimo rimedio contro la bronchite sono i fiori dell’albero del burro o mahua (Madhuca longifolia var. latifolia); la sua corteccia in decotto funziona anche per i reumatismi ed il diabete.

Per quest’ultima patologia ogni medico ayurvedico vi consiglierà senz’altro il gudmar, o gurmar (Gymnema sylvestre), un’erba capace di rallentare l’assorbimento degli zuccheri, e presente oggi in molti prodotti dietetici dell’Occidente.

Forse la pianta indiana di maggiore successo nelle farmacie occidentali è la cassia fistula, o amaltas 
(Cassia fistula); questa Leguminosa, a volte commercializzata come senna, è il migliore lassativo che si conosca in circolazione, ma un rimedio ayurvedico alternativo è dato dal frutto maturo del bael (Aegle marmelos): sotto forma di sorbetto, pulisce e tonifica l’intestino.

Parente del bael è la mela di legno (la “wood apple” degli anglofoni, oppure anche “pomo degli elefanti”), la Rutacea classificata come Limonia acidissima: facilita la digestione, e in più, mescolata a caldo con miele, cardamomo e cumino, combatte la dissenteria.

In caso di stati febbrili, l’Ayurveda prescrive ad esempio la corteccia di chaulmoogra Hydnocarpus kurzii (famiglia Achariaceae), o il frutto detto patole, una specie di zucchino regalatoci dalla Cucurbitacea Trichosanthes dioica. E per prevenire febbri, influenze e malanni da freddo, niente di meglio che ricorrere alla amla (Emblica officinalis), considerata dagli specialisti ayurvedici “una delle più pure forme naturali di vitamina C”.

Per le malattie della pelle, ecco due specie dal forte potere batteriostatico: il daruharidra, cioè il crespino indiano 
(Berberis aristata), e la nimba, cioè il neem 
(Azadirachta indica); le virtù medicinali di quest’ultimo sono invero così numerose da far definire tale Meliacea “la farmacia del villaggio”.

Ricca di indicazioni è anche l’arjun (Terminalia arjuna), una Combretacea, che va bene per problemi di cuore, asma, dissenteria e acne. Nota di colore: il preparato per l’asma è un kheer, un tradizionale piatto di riso e latte lasciato rapprendere per tutta la notte sotto i raggi della luna, quindi cosparso di 12 grammi di corteccia di arjun in polvere e consumato nelle prime ore del mattino. Gli scettici potranno sorridere sull’effettiva influenza dei raggi lunari, ma è pur vero che nelle medicine orientali gli aspetti liturgici sono importanti quanto la semplice posologia scritta su un foglietto, data in modo arido e distaccato…

Non stupisce dunque che, nella terra della religiosità per eccellenza, anche le piante sacre siano considerate utili alla guarigione del corpo oltre che dell’anima. Lo dimostrano l’incenso indiano (Boswellia serrata, o shallaki) usato da secoli contro l’artrite, il fiore del loto (Nelumbo nucifera), prescritto per problemi di gravidanza e menorragia, e il fico sacro (Ficus religiosa, o peepal), per le malattie cardiache.

E non c’è neppure da stupirsi se la dottrina ayurvedica considera la bellezza stessa come fonte di benessere spirituale, al pari di quello fisico; nel poderoso elenco delle specie di questa antica etnomedicina, ho trovate almeno quattro specie indicate per tonificare, rinvigorire e rendere più attraente e bella la propria capigliatura. Sono la rheeda 
(Sapindus trifoliatus), il baheda 
(Terminalia bellirica), il bhringaraj
 (Eclipta alba), e naturalmente l’henné (Lawsonia inermis). Quest’ultimo, qui in India, non poteva proprio mancare…

 

Ultimi temi trattati