Piante in viaggio

 

 Storie verdi

 

Il gallo ad Esculapio

Episodio: la morte di Socrate

“Che stranezza è mai questa, o amici? Non per altra ragione io feci allontanare le donne, affinché non commettessero tali improprietà. E ho anche sentito dire che con parole di lieto augurio bisogna morire. Orsù dunque: state sereni e siate forti…”

Secondo la narrazione di Platone, fu così che Socrate apostrofò i suoi amici, convenuti intorno al suo letto di morte. Il boia gli ha appena fatto bere il veleno, che lentamente, e senza soffrire, lo condurrà al trapasso. Ha fatto allontanare le donne, le prefiche, perché il pianto non si addice ad una morte dignitosa, e non vuole che i suoi amici si disperino. Prima di bere il veleno, comunque, aveva chiesto chiarimenti al boia, ed il boia aveva assicurato che quella era la dose necessaria, non di più e non di meno.

Ma che cosa aveva bevuto Socrate? Che cosa stava portando alla morte il più grande filosofo dell’antichità?

Tutti sanno che è stata la cicuta, anche se non tutti concordano con la tesi che la cicuta arrecasse una fine del tutto indolore e serena, anzi: c’è chi parla di mente stravolta, panico, allucinazioni, senso di soffocamento, irrigidimento delle membra.

Non sappiamo sciogliere questo dubbio, anche se è possibile che Platone nelle pagine del suo “Fedone”, abbia idealizzato abbastanza le ultime ore del suo maestro, che non poteva morire se non con quella dignità.

Noi possiamo invece ragionare su quale delle tante cicute esistenti sia quella che ha ucciso Socrate. Ci sono almento tre specie del genere Cicuta in Natura: la cicuta minore (Aethusa cynapium), la cicuta acquatica (Cicuta virosa) e la cicuta maggiore (Conium maculatum).

Dovrebbe essere da scartare la cicuta minore, visto che ha una tossicità dubbia e non del tutto dimostrata, e che non ha la Grecia fra le sue terre di origine (vive soprattutto nell’Europa temperata). È certamente velenosa la cicuta acquatica, che peraltro ha un areale di distribuzione molto vasto (come molte piante acquatiche) e comprendente la Grecia, ma è anche vero che gli effetti della sua ingestione danno origine a crisi epilettoidi e paralisi tetaniche, che mal si accordano con la descrizione di Platone.

Resta perciò la cicuta vera o cicuta maggiore, una Ombrellifera comunissima in tutta Europa e in buona parte dell’Asia, la quale in effetti ha tra i suoi principi attivi la coniina, un alcaloide che paralizza i centri nervosi e porta al progressivo blocco della funzione respiratoria.

Tuttavia si dovrebbe immaginare in modo più verosimile che a Socrate sia stata data una mistura di almeno tre specie velenose: la cicuta, lo stramonio (Datura stramonium) ed il papavero da oppio (Papaver somniferum), proprio per accrescere gli effetti narcotizzanti della pozione.

Effetti che in tutti i casi non impedirono al grande filosofo di pronunciare in punto di morte la celebre frase: “O Critone, noi siamo debitori di un gallo ad Esculapio: dateglielo e non dimenticatevene!”

Ultime storie narrate