Fra le piante in viaggio ci piace considerare le specie di interesse liquoristico: fra queste ce ne sono alcune che viaggiano molto poco “da vive”, mentre il prodotto da esse ottenuto viene commercializzato in ogni parte del mondo. La pianta della tequila, ad esempio, cioè la Agave tequilana, non si è mai mossa dalla provincia messicana di Jalisco, ma alzi la mano chi non ha mai bevuto un po’ di tequila anche senza andare in Messico.
In questo gruppo di piante possiamo certamente inserire anche il genepy, il cui liquore si ottiene dalla macerazione in alcool di una pianta alpina, la Artemisia genipi.
E invero il genepy, al pari dell’assenzio, è molto aromatico: con i suoi principi attivi si ottiene un liquore amaro dalle indubbie proprietà digestive, motivo per cui, almeno fino a ieri, questa Composita era molto ambita e ricercata.
Ma c’è un problema: il genepy vive in habitat molto fragili e si adatta male alla coltivazione, cresce in pochi esemplari sulle pietraie di alta quota e persino sulle morene dei ghiacciai, su substrati silicei, da circa 2000 m a oltre 3000 m. E solo sulle Alpi.
Per questa ragione ne è vietata la raccolta, e per questa ragione il liquore di genepy che trovate in commercio non viene quasi mai dalla Artemisia genipi, bensì dalla Artemisia umbelliformis, chiamata talvolta genepy bianco, anch’essa pianta dei rilievi alpini (ma anche appenninici). Rispetto al genepy, questa altra Composita congenere fiorisce un poco più tardi, non ha le squame dell’involucro bordate di nero e predilige substrati rocciosi calcarei. Ed è molto più idonea ad essere messa in coltura: è quest’ultima artemisia che ci fornisce il genepy. Che è buono lo stesso.