Biografia: Ulisse Aldrovandi
Nacque e morì a Bologna Ulisse Aldrovandi, ma questo non vuol dire che non si mosse mai di casa: già a 12 anni, all’insaputa dei genitori, raggiunse per conto proprio Roma. Richiamato a casa dalla madre, studiò matematica ed aiutò la famiglia come contabile, a Bologna, poi a Brescia, poi ancora a Roma. Quando dalla Città Santa si trattò di tornare a Bologna, si unì invece ad un pellegrinaggio e arrivò a Santiago de Compostela: aveva 16 anni.
A 17 si iscrisse all’Università di Bologna per studiarvi lettere, nel frattempo divenne notaio, poi passò a filosofia, si appassionò alla logica e alla matematica trasferendosi a Padova. Fu però a Bologna che si fece contagiare dalla passione per la botanica, sotto la guida di Luca Ghini. Non abbiamo detto che tutto questo accadeva nel Cinquecento (il nostro Ulisse era nato nel 1522), il che spiega lo scenario di una accusa di eresia, su basi non note, che lo videro in attesa di processo a Roma nel 1549. Già che c’era, scrisse lì la sua prima opera, in seguito pubblicata a Venezia nel 1556, dove descriveva “Le statue antiche di Roma”. Sempre a Roma, conobbe un medico francese, che lo avviò allo studio della zoologia, in particolare dei pesci. Seguirono 3 anni, fra il 1551 e il 1554, in cui il Nostro organizzò numerose spedizioni botaniche; ne derivò la collezione che costituisce oggi l’Erbario di Ulisse Aldrovandi.
Nel frattempo, un suo parente senatore, Giovanni Aldrovandi, lo convinse a prendere la laurea in filosofia e medicina; nel 1553 si laureò preparando gli esami in brevissimo tempo (si parla di ore, non mesi), ed insegnando presso l’Ateneo di Bologna dal 1554 logica e poi dal 1555 filosofia, cosa che fece fino al 1600.
Siamo dunque grati ad Ulisse Aldrovandi per diversi motivi, uno dei quali l’aver introdotto il concetto di Museo di Storia naturale: la sua imponente mole di materiali e di reperti naturalistici, definita dall’Aldrovandi stesso “teatro”, o “microcosmo di natura”, comprendeva 18.000 “diversità di cose naturali” e 7.000 “piante essiccate in quindeci volumi”, nonché 14 armadi, adibiti a pinacoteche, contenenti le matrici xilografiche per l’illustrazione dei volumi a stampa.
In particolare, Aldrovandi era consapevole della efficacia didattica delle immagini, da lui stesso disegnate: i suoi magnifici acquerelli furono raccolti in 17 volumi raffiguranti animali, piante, minerali e mostri, per offrire, come era solito dire, “un ritratto fedele delle cose di natura”. E per inciso, fu lui a coniare la parola “geologia”: usiamo quel termine dal 1603.