Fra un seme di cacao e un cioccolatino c’è la stessa differenza che passa fra una spiga di grano e una pagnotta. Volendo scomodare Levi-strauss, potremmo dire che il seme del cacao, o il chicco di grano, rappresenta la Natura; il cioccolatino, o il pane, la Cultura, la trasformazione, la mano dell’Uomo. E così distanti ci ha portato la cultura, la manipolazione, che molti di noi, pur essendo abituali consumatori di cioccolato e derivati, non conoscono affatto la pianta del cacao, quel “cibo di dio” che gli Atzechi offrirono a Cortès mezzo millennio fa. A loro volta gli Atzechi lo avevano ricevuto dai Maya, nella cui regione le piante di cacao crescevano spontanee, così come in buona parte dell’America centrale (isole comprese) e del Sudamerica settentrionale.
I semi del cacao, detti anche fave, sono altamente nutrienti: sono ricchi di amido, grassi, proteine e sostanze alcaloidi come la theobromina e la caffeina. Dal cacao si ricavano numerosi prodotti finiti: il burro di cacao, la polvere o farina di cacao, sia addolcita con zucchero che amara, il cacao solubile, e i vari tipi di cioccolato (al latte, bianco, fondente, eccetera). Non si contano le varianti del cioccolato, grazie alla aromatizzazione (vaniglia, menta, arancio), alle farciture (farina di cocco, crema di pistacchio, caramello salato), alla mescolanza con altri ingredienti (nocciole intere o in granella, uvetta).
Il cioccolato è oggi un prodotto principe nelle arti dolciarie di tutto il mondo, così da diventare spesso un vanto nazionale (Belgio, Svizzera, Danimarca...). Persino a Saragozza, nel cuore della Spagna, mi ha sorpreso trovare fra le proposte turistiche un tour-degustazione fra i migliori negozi di cioccolatini della città. E a Riga, nel museo della storia della Lettonia, una bacheca è dedicata al cioccolato Laima, di produzione locale, particolarmente apprezzato in tutta l’Unione Sovietica ai tempi della guerra fredda…