Piante in viaggio

 

 Le protagoniste

 

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CAIANO: Il pisello del piccione

Una bella dimostrazione di quanto le piante viaggino nel mondo ci viene dallo scoprire quale è il piatto nazionale di Portorico: è lo “arroz con gandules”, ossia il riso (peraltro cinese di origine) servito con il caiano, un legume proveniente dalla penisola Indiana. Gli anglofoni chiamano il caiano “pisello del piccione”; in India, la sua terra di origine, lo trovate come “arahar dal”.

Il caiano, noto in botanica cone Cajanus cajan, è un arbusto dalla vita breve (da 1 a 5 anni), che però in coltura viene trattato come annuale. Tutta la pianta, alta da 1 a 4 m e molto ramificata, è cosparsa di fitta peluria. Le foglie sono fatte da tre foglioline lanceolate, dalle nervature prominenti. I numerosi fiori sono disposti in racemi; sono gialli, con la stessa struttura di quelli della ginestra, e dal vessillo quasi sempre striato di bruno. I frutti sono legumi schiacciati, pubescenti, aderenti ai semi; questi sono di colore variabile a seconda delle cultivar (i semi indiani originari sono gialli), in numero di 2-5 per baccello.

Il caiano si adatta bene ai terreni siccitosi, ma per dare una buona resa ha bisogno di temperature elevate (sopra i 35°). Nel suo girovagare per molte zone tropicali aride e subaride del mondo, il caiano è stato manipolato in tante varietà diverse: in Kenya va per la maggiore un caiano color ruggine variegato, negli Stati del Centramerica si usano dei semi di caiano secchi molto scuri, quasi neri. I “gandules” di Portorico sono di tonalità verde chiara, anche perché raccolti quasi immaturi.

I piselli del piccione, altamente nutrienti e dal gusto più simile a quello della soja che a quello dei nostri piselli, si possono cucinare come tutti gli altri legumi, ed anche i baccelli immaturi vengono mangiati, così come si mangiano i fagiolini. Il seme del caiano può subire altri trattamenti: in Indonesia ad esempio se ne ottiene per fermentazione una salsa che sostituisce la salsa di soja; in altre parti del Sudest asiatico se ne ricava una farina per la preparazione di noodles, i tipici “spaghetti” dei popoli orientali.

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