Su un libro di testo delle elementari, un allievo ha trovato scritto “Le Conifere sono tutte sempreverdi”, e poi l’elenco delle Conifere, fra cui il larice. Ma quell’allievo aveva visto personalmente il larice in montagna, d’inverno, e aveva notato che il larice le foglie le perde.
La caratteristica che distingue il larice da tutte le altre Conifere nostrane è già nel nome: Larix decidua, dove “decidua” sta per “caducifoglia”. Il larice è una delle poche Gimnosperme appunto a spogliarsi delle foglie nella stagione fredda: e ad autunno i colori dei lariceti abbelliscono così il paesaggio delle Alpi, la regione di cui questa specie è originaria, anzi quasi emblematica.
Il larice è un albero decisamente utile, sia per il legno che per la resina. Il legno è molto resistente, specialmente quando è immerso nell’acqua: sarà un caso che buona parte dei pali che sostengono gli edifici di Venezia siano fatti di larice? E proprio nella città lagunare fioriva il commercio della trementina veneta, ricavata appunto per incisione dalla corteccia di larice sfruttato nei boschi del Trentino.
Come spesso succede nelle Conifere, anche la resina del larice ha proprietà terapeutiche, antisettiche e soprattutto balsamiche, funzionando da espettorante nella cura dei catarri e delle bronchiti croniche; per uso interno, agisce come diuretico, astringente ed antinfiammatorio nelle affezioni dell’apparato urinario; si ritiene anche utile per il potenziamento del sistema immunitario.
Infine, in estate dalle foglie del larice trasuda la cosiddetta “manna di Briancon”, con la quale le api producono un ottimo melata.