Oltre al Polypodium vulgare, fra le Polypodiaceae esiste anche il Polypodium australe, forse più comune del precedente, che si distinguerebbe per la fronda più grande e lunga. Secondo il mio amico Mauro, affermare che si tratta di due specie diverse è stata un po’ una forzatura dei botanici, anche perché entrambe le specie condividono gli stessi ambienti e le stesse aree geografiche: ogni polipodio, di una specie o dell’altra, ha le stesse esigenze ecologiche, e cioè predilige ambienti ombrosi e tendenzialmente umidi; è frequente nelle fessure delle rocce e dei muretti, sui muschi, alla base dei tronchi e dei vecchi ceppi di castagno. Si trova in tutta Europa, in Nordafrica e in parte dell’Asia (fino alla Siberia occidentale).
Che si tratti di una specie o di due, è interessante l’uso che ne fa la medicina popolare. La parte utile del polipodio è il rizoma, da raccogliere in autunno: contiene zuccheri, mucillagini, resine, acido tannico e malico, saponine e glucosidi; fra questi ultimi c’è proprio la glicirrizina, la stessa della liquirizia (Glycyrrhiza glabra), di cui ricorda il gusto quando viene masticata o succhiata; per tale ragione la specie viene anche chiamata “falsa liquirizia”. Funziona da lassativo leggero, stimola la secrezione biliare e favorisce in generale i processi digestivi. Si usa inoltre allo scopo di combattere la tosse e il mal di gola; se ne prescrivono infatti gargarismi contro le infiammazioni dell’apparato respiratorio.