Piante in viaggio

 

 Bandiere nel piatto

 

Con la speranza che non cambino troppo (2)

Cucine nel mondo: la cucina vietnamita (seconda parte)

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Come contorno, la soja (Glycine max) è utilizzata, ma non quanto nella vicina Cina: si usa specialmente sotto forma di tofu o di purea come ripieno nei dolcetti. Analogamente, le arachidi americane (Arachis hypogaea) più che da sole finiscono macinate in salse insieme a cocco e tamarindo. Nella veste di contorno o di ripieno potete talora trovare diversi altri legumi, di solito del genere Vigna, ma sono soprattutto le verdure a farla da padrone nella cucina vietnamita; alcune di esse risultano piuttosto inusuali per i palati occidentali; c’è il cetriolo amaro (Momordica charantia), ci sono i germogli di bambù (Bambusa spp.), le radici del loto (Nelumbo nucifera), le gemme fiorali di banano sotto sale, le foglie della pianta camaleonte Houttuynia cordata, o quelle del kang-kong, lo spinacio di fiume (Ipomoea aquatica).

A metà fra condimento e verdura di accompagnamento c’è l’immancabile lemongrass (la citronella: Cymbopogon citratus), insieme a cipolle e porri. L’uso del peperoncino è d’obbligo, ma sempre con moderazione: non definirei la cucina vietnamita come piccante, piuttosto si tende a creare un mix fra gusti freschi, puntando volentieri sull’agrodolce. Non a caso si usa tanto la canna da zucchero (Saccharum officinarum), in succo o addirittura in pezzetti per accompagnare spiedini e gamberetti.

E comunque al peperoncino si preferisce lo zenzero, ma non c’è solo lo Zingiber officinale: ci sono gli affini Alpinia officinarum o galanga, Boesenbergia rotunda o zenzero cinese, Etlingera elatior o zenzero torcia, Kaempferia galanga o zenzero minore, ed altri ancora, ognuno dal sapore diverso.

Se proprio non vi riesce di riconoscere che tipo di spezia stiate assaporando, forse c’è di mezzo la indigena Persicaria odorata o coriandolo del Vietnam, usata al posto del più cosmopolita e abusato coriandolo (Coriandrum sativum). Anche il gusto della cannella potrebbe non essere il solito: in VietNam cresce il Cinnamomum loureiroi, la cannella di Saigon, che è un poco diversa dalla cannella di Ceylon o dalla cannella cinese, ed è quella che l’industria sfrutta di più oggi per la confezione di chewing-gum e pasticche dolci.

Chi torna dal VietNam torna con negli occhi i colori e nella bocca i sapori della frutta di quei luoghi: specialmente al Sud la varietà già alta delle specie autoctone viene quasi raddoppiata dagli arrivi da “fuori”, vicino o lontano che sia. Ecco che accanto ai longan, ai mangustan, agli starfruit (o carambola), ai rambutan, ai lychees, agli strani frutti del Syzygium malaccense, la cosiddetta mela della Malacca, agli ancora più strani frutti del serpente (dalla palma Salacca zalacca), al grosso e coriaceo santol (Sandoricum koetjape), a pomeli e pompelmi e mandarini vari, possiamo gustare il sudamericano ananas (il migliore della mia vita), la papaya, anch’essa dai Tropici americani, il mango indiano (la mia colazione mattutina era spesso una insalata di mango), l’africana anguria, ed ovviamente banane e cocchi (la loro origine poco chiara, riguarderebbe la vicina Indonesia).

E adesso non ci resta che bere. The, naturalmente, sia caldo alla maniera cinese, e amaro, sia freddo, specialmente al Sud, con ghiaccio e menta. The al gelsomino, the nero, the verde: ce n’è per tutti i gusti. Fanno anche la birra, e anche piuttosto bene: di solito è leggera, col caldo fa piacere, ma nell’interno le popolazioni locali ne alzano un po’ la gradazione, ottenendone una varietà piuttosto scura.

Sul caffè invece direi che hanno ancora un po’ da lavorare, pur essendo il VietNam il secondo produttore al mondo in termini di chilometri quadri destinati alle piantagioni di Coffea arabica e robusta. Però, mi dicono, nel frattempo è arrivato Starbucks, è arrivato Nespresso, così come sono arrivati McDonald, Burger King, KFC, la Coca-cola… non so se sia un bene: quando ci sono andato io, il primo anno che era aperto al turismo, il VietNam era un Paese comunista, che aveva appena sconfitto i tre eserciti più potenti della Terra (Francia, Giappone, USA), era un Paese orgoglioso delle proprie tradizioni e quindi anche e soprattutto della propria cucina. Oggi forse qualcosa sta cambiando, forse è già cambiato.

 

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