Questa volta ho guardato meglio: la quercia raffigurata sulle monete tedesche, oggi i centesimi di euro, ieri i centesimi di marco, è la farnia, non la rovere. Lo si capisce osservando non la lamina fogliare, che indubbiamente è quella lobata tipica di molte querce, ma notando invece il lungo picciolo delle ghiande. Nella rovere, le ghiande hanno picciolo ridotto o quasi assente, motivo per cui la rovere, Quercus petraea, è nota anche come Quercus sessiliflora (cioè “dal fiore sessile”, senza picciolo). Nella farnia, la Quercus robur, le ghiande sono invece sorrette da un lungo ed evidente picciolo (e da qui il sinonimo di Quercus pedunculata).
La farnia è un albero importante, che incute rispetto per la sua forza, la sua maestosità, la sua longevità. Non a caso nella cultura britannica, la farnia viene appellata come “unrivalled king of the forest”, re della foresta senza rivali.
La farnia vive soprattutto nelle pianure alluvionali d’Europa, dove forma boschi su suoli ricchi, a pH più o meno neutro, e con falda freatica abbondante e quasi superficiale. Ma forse bisognerebbe usare il passato, dato che sono propri quelli i territori dove l’Uomo ha disboscato, drenato e dissodato per far posto alle sue coltivazioni: le grandi pianure d’Europa, come la padana e la pannonica, così come molte delle campagne francesi, inglesi o polacche, erano un tempo fitti boschi di farnia, ed oggi sono campi di mais, di colza o di patate.
La farnia è tuttora sfruttata per il legno, molto ricco in tannini, che lo rendono imputrescibile anche se a contatto con l’acqua: di facile lavorazione e di lunga durata, si usa per costruzioni navali ed edili, mobili, travature, pavimenti e doghe per botti; inoltre è un ottimo combustibile.