Anche se è più vero l’inverso, possiamo dire che il cardo è un carciofo. In realtà, è il carciofo che deriva dal cardo: i botanici individuano in Cynara cardunculus il progenitore selvatico di entrambi; poi, mediante varie selezioni, la sottospecie cardunculus ha dato origine al carciofo, mentre la sottospecie flavescens dovrebbe avere dato origine al cardo, il noto ortaggio commestibile. In effetti le due specie si assomigliano molto; la vera differenza, semmai, sta nel consumo: del carciofo si mangia essenzialmente il fiore, del cardo il fusto.
La specie originaria del cardo, il Cynara cardunculus, viene dalle sponde mediterranee dell’Africa e da buona parte dell’Europa meridionale (soprattutto occidentale: Francia, Italia, Portogallo e Spagna) dove cresce prevalentemente nelle zone costiere su suoli semiaridi generalmente argillosi.
Il suo erede, il cardo, viene coltivato in modo originale: seminato a maggio, non viene mai irrigato, concimato, né trattato. A settembre, ormai alto e rigoglioso, viene piegato e ricoperto di terra. La pianta, tentando di liberarsi per riguadagnare la luce, si gonfia e si incurva (fa la gobba); il suo fusto si fa tenero e bianco, perdendo la clorofilla. A ottobre i processi di sbiancamento e “ingobbamento” sono finiti: il cardo viene dissotterrato, privato delle foglie e delle coste esterne con un adeguato strumento (una roncola detta purinetta) e lavato.
In genere i cardi si mangiano cotti (ripieni, fritti, nelle zuppe), ma quello gobbo di Nizza Monferrato è buono anche crudo, ingrediente fondamentale di un simbolo gastronomico piemontese: la bagna cauda, per onorare la quale esiste la “Confraternita della bagna cauda e del cardo gobbo”.