In un ipotetico gioco basato sulla provenienza geografica delle piante, potremmo tentare di abbinare ad ogni Paese una specie originaria di quei posti: eucalipto con Australia, riso con Cina, patata con Perù. Non sempre ci riusciremo: sarà quasi impossibile per l’Islanda, e incontreremmo qualche difficoltà per staterelli minuscoli come Lussemburgo o Andorra, ma una pianta per la piccola Moldavia ce l’abbiamo: è il rafano, altrimenti noto come cren, la Crucifera Armoracia rusticana.
Preferisco chiamarlo cren anziché rafano, per evitare confusione con le specie del genere Raphanus, a cui appartiene il ravanello (Raphanus sativus) e la sua variante orientale daikon (Raphanus sativus var. longipinnatus); ed anche con il wasabi (Eutrema japonica), che molti chiamano rafano verde. In Italia il cren si usa soprattutto nella cucina del nord-est, influenzata storicamente dall’Impero austro-ungarico: in molti Stati della Mitteleuropa la salsa al cren è tuttora la normale alternativa alla senape. La salsa ottenuta dalla sua radice ha un gusto forte e piccante, paragonabile a quello del wasabi giapponese, e la sensazione è la stessa, quella di sentirsi immediatamente “sturare le narici”; si sposa bene ad alcune minestre, e soprattutto alle carni bollite o alla brace. La radice, proprio come il wasabi, può anche essere grattugiata da fresca sul cibo, oppure conservata sotto aceto. Contiene amminoacidi, glucidi, enzimi, vitamina C, oli essenziali, sali di potassio, ferro e calcio. Le sono riconosciute proprietà stimolanti dell’appetito, diuretiche e depurative.
È questa la specie che sta andando in giro per il mondo a rappresentare il gusto forte della Moldavia.