La scienza, nel corso dei secoli, ha ricevuto notevoli contributi dalla civiltà degli Arabi: la stessa cultura occidentale, che affonda le sue radici nella antica Grecia, fu preservata dai sapienti dell’Islam e poi restituitaci nel corso del tardo Medioevo, dando il via al Rinascimento europeo. Molte parole scientifiche e tecniche sono di origine araba: l’algebra e la chimica (cioè la alchimia) sono fra queste. La botanica non è da meno: la albicocca è la modifica di “al-barikuk”, il carciofo viene dal “al-karshuf” (poi diventato “artichoke” e “artichaut” nell’inglese e nel francese attuali), il chichingero viene ancora oggi chiamato, come in Arabo, alkekengi.
Il nome del genere Alkanna viene appunto dall’arabo “al-kenneh”, letteralmente “la radice”, così apprezzata da esserlo per definizione, almeno per chi tingeva stoffe e tappeti. Le proprietà tintorie di questa Boraginacea sono note sin dall’antichità: da radici e fusti si ricava un colorante ricco di un alcaloide, la alcannina, detto rosso di alcanna, usato in vernici, oli e tinture alcoliche; in ambiente alcalino il suo colore rosso vira al blu. In cosmetica viene impiegato per i rossetti. Nella medicina popolare serve alla cura di infiammazioni e ascessi. In India fa da ingrediente in alcune ricette tradizionali.
L’alcanna ha un areale naturale limitato alle coste mediterranee (area dell’olivo), dove vegeta in ambienti incolti aridi e sabbiosi, anche su terreni poveri, ma ben drenati, dagli 0 agli 800 m di quota. La sua coltivazione ne ha ampliato col tempo la distribuzione geografica, soprattutto verso Oriente (ad esempio in India).